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Writer's pictureMarcello Spanò

Dov'è finito il vincolo esterno?

E' incredibile come, quando arriva il rito della legge di bilancio, a giustificare l'austerità si usi sempre lo stesso argomento: colpa del governo precedente.


Per il presidento Meloni, il motivo per cui le pensioni minime aumentano di soli 3€ al mese e per cui ci saranno tagli a scuola e sanità è il presunto danno erariale del superbonus di Conte. Per i vari governi PD, i tagli o i sacrifici erano colpa dello scialacquamento di risorse ad opera della destra. Ricordo benissimo un docente infervorato che, nel rivedermi dopo diversi anni da quando avevo preso la Laurea, mi trascinò quasi senza salutarmi nel suo studio per mostrarmi come, negli anni di Berlusconi, il disavanzo pubblico era sempre alto, mentre in quelli del centrosinistra sempre più vicino al pareggio. E per lui il saldo di bilancio era sufficiente a giudicare se una politica economica era buona o cattiva.


A distanza di anni, il governo di Meloni ci sta riproponendo la stessa brodaglia. Colpa dei nostri predecessori. Eletti a furor di popolo (nel senso che il popolo furente si è per lo più astenuto), non sono riusciti a cambiare nemmeno la retorica dei governi precedenti.


Il dito accusatore della destra meloniana che, con spocchia nazionalista, prima delle elezioni puntava ai vincoli europei, dov'è finito? E chi ha il caraggio, oggi, di parlare di vincolo esterno come problema, come criticità? Non certo l'opposizione, che con fede incrollabile ne parla ancora e sempre come se fosse la nostra unica ancora di salvezza dalla catastrofe. Mi tocca infatti ascoltarmi alcuni notiziari radio, di marca progressista-cool, in cui si accusa il governo Meloni di volere orbanizzare l'Europa, in assoluto disprezzo (udite udite!) del vincolo esterno, nel nome del quale ci toccherebbe quindi fare battaglia. Ma poi, quale disprezzo? Nelle cose importanti (la legge di bilancio) il vincolo esterno è piuttosto rigorosamente onorato.


Anche se il tema è ormai mediaticamente venuto a noia, forse vale ancora la pena ribadirlo: è il vincolo esterno - non il governo precedente! - la vera causa di queste manovre loffie e dannose. Va anche ricordato, per coloro che non lo avessero chiaro, che, a ben guardare, il vincolo esterno è un vincolo interno, nel senso che è stato cercato, costruito e contrattato in sede continentale, fin dalla fine degli anni settanta, dalla classe dirigente italiana incapace di gestire una crisi di legittimazione. Il "sogno" di farci governare dall'Europa (perché noi non ne saremmo capaci) è stato spacciato agli elettori per affrontare un processo di trasformazione economica, politica e costituzionale di tipo thatcheriano, senza mostrare la  faccia dura della Thatcher. Si pensava che, imbellettata di mitologia, la politica che crea deliberatamente disoccupazione, precarietà, tagli al welfare e che scarica i costi delle crisi sui più deboli sarebbe stata più digeribile.



A che punto siamo oggi? La destra, che spesso ha usato l'Europa, insieme ai migranti, come capro espiatorio per raccattare voti, adesso si sta rivelando per quello che è: una stampella di soccorso, organica allo stesso sistema di potere che si divertiva ad accusare quando stava all'opposizione. Questa organicità è ormai altrettanto palese anche in Francia, dove l'estrema destra francese appoggia il governo voluto da Macron.


A sinistra, d'altra parte, chiunque provi a sollevare il problema del vincolo esterno non ha cittadinanza, da anni bullizzato e trattato come rossobruno sovranista (qualunque cosa voglia dire). Di vincolo esterno, quindi, oggi non si può che dir del bene. Argomento tabù.



E allora chi resta da incolpare? Ma è ovvio: i governi precedenti. Peccato che ogni forza politica esistente in Italia è stata in almeno un governo precedente. A furia di scaricare le colpe sui predecessori, pur di non guardare la realtà negli occhi, finiremo col prendercela anche con Federico II di Svevia.


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